Fertilità maschile, se ne parla sempre troppo poco.
Circa il 15% delle coppie giovani non riesce ad ottenere una gravidanza entro il primo anno di tentativi: si parla allora di infertilità.
Le cause possono essere molteplici, ma spesso si tende a “dare la colpa” alla donna. In realtà, le cause sono sia a livello maschile che femminile, quasi al 50%.
Per quel che riguarda la donna, le cause più frequenti sono: l’età avanzata (che riduce la riserva ovarica di follicoli), le disfunzioni ormonali come la sindrome dell’ovaio policistico PCOS (che portano a deficit ovulatorio), le occlusioni tubariche da infezioni o endometriosi, ecc.
Ma cosa sappiamo sulla fertilità maschile?
Come per tanti argomenti di interesse scientifico, sono stati fatti alcuni studi anche sulla fertilità maschile.
Infertilità maschile: parliamone.
In particolare, uno studio inglese pubblicato sul Journal of Clinical Chemistry ha ipotizzato che infertilità e aborti spontanei ricorrenti possano essere collegati alla scarsa qualità dello sperma del papà.
Hanno analizzato lo sperma di 50 uomini appartenenti a coppie che si erano rivolte all’ospedale St. Mary di Londra e confrontato i risultati con quello di 60 volontari di coppie che non avevano sofferto il problema. I risultati dello studio hanno mostrato che gli uomini di coppie che avevano avuto aborti multipli avevano livelli doppi di danno al DNA. Tale danno, per i ricercatori, può essere scatenato da elevate concentrazioni delle cosiddette specie reattive dell’ossigeno, o radicali liberi, al cui aumento contribuiscono età, malattie a trasmissione sessuale e peso corporeo elevato.
Sovrappeso e malattie metaboliche influenzano la fertilità maschile
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il concetto di salute sessuale e riproduttiva come lo stato di benessere fisico, mentale e sociale correlato al sistema riproduttivo e alle sue funzioni.
Sono ben noti l’impatto dell’obesità e del sovrappeso sulla fertilità della donna, indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio. In realtà, l’aumento della massa ponderale (peso) influisce negativamente anche sulla qualità del liquido seminale, riducendo la fertilità maschile. Tutto questo è da attribuirsi all’alterazione del profilo ormonale associato all’aumento della massa adiposa (grasso), organo endocrino a tutti gli effetti, e all’alterata regolazione ipotalamo-ipofisi-testosterone.
L’alimentazione influisce sulla fertilità maschile.
Perchè l’obesità influisce sulle fertilità maschile?
Ci sono dati che dimostrano come la concentrazione di spermatozoi nei soggetti obesi sia ridotta addirittura ad un terzo rispetto ai soggetti normopeso. Quali meccanismi possono essere implicati?
insulinoresistenza, che causa iperinsulinemia a sua volta connessa con l’inibizione della spermatogenesi;
alterati livelli di testosterone con alte concentrazioni di estrogeni;
ipertermia scrotale, data dalla maggior presenza di grasso scrotale, che può peggiorare la qualità e la concentrazione del liquido seminale.
Strettamente correlato all’obesità è il Diabete Mellito, che ha un impatto negativo sulla qualità degli spermatozoi e sulla funzione erettile.
Sembra quasi che la natura selezioni, attraverso la riduzione della fertilità dei soggetti obesi, gli individui con migliori caratteristiche anatomiche legate alla composizione corporea, forse i più simili ai nostri antenati.
Stile di vita, alimentazione sana e fertilità maschile
Quindi, il ripristino, nei soggetti obesi o sovrappeso di un adeguato peso corporeo attraverso una corretta alimentazione, è da considerare il primo passo per la cura dell’infertilità.
Come influisce l’alimentazione sulla fertilità maschile.
In generale, modificare la propria alimentazione in modo equilibrato a favore di alimenti semplici, ricchi di fibre e poveri di zuccheri semplici, in associazione ad uno stile di vita salutare e attivo, può rappresentare un modo efficace per ridurre il grasso in eccesso. In particolar modo, è importante concentrare la propria attenzione su quegli alimenti ricchi di antiossidanti, frutta e verdura in primis (come la rucola), che difendono gli spermatozoi da additivi chimici, che ne alterano vitalità e motilità.
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Il termine schiscetta deriva dal verbo tipicamente lombardo schisiare (schiacciare) e indica il contenitore del pranzo che gli operai degli anni ’50 portavano da casa: risotto, verdura o carne che fosse, era tutto schiacciato per far chiudere il coperchio.
In piemontese è detta “baracchino”, nei Paesi anglosassoni “lunch box” o ”packed lunch”, mentre in Giappone “bentobako”.
Origini a parte, la schiscia è molto diffusa anche ai giorni nostri e rappresenta un modo per mangiare sano a lavoro (a patto che i piatti non siano troppo elaborati) e per risparmiare tempo e denaro.
Per tutti i lavoratori che non hanno la mensa interna all’azienda oppure per tutti i libero professionisti che non vogliono mangiare al ristorante (o al bar) tutti i giorni, ecco che la soluzione migliore è prepararsi il proprio pranzo la sera prima (o la mattina stessa).
Come preparare la schiscetta perfetta?
Schiscetta perfetta
Per una pausa pranzo perfetta, che sia gustosa ma al tempo stesso equilibrata e salutare, è importante ricordare poche e semplici regole basilari.
A casa, infatti, è possibile preparare in anticipo piatti sani ed equilibrati, scegliendo per tempo e con attenzione gli ingredienti da utilizzare, abbinando i sapori e seguendo la stagionalità.
1. Attenzione alla dispensa
Per una schiscetta perfetta, devo avere una dispensa perfetta!
Aprire e versare a casaccio nel lunch box una lattina di tonno, una mozzarella in busta, una manciata di piselli in barattolo non significa prepararsi il pranzo, ma accostare alimenti che cozzano uno con l’altro e avere un piatto non equilibrato.
In dispensa devo avere degli alimenti che mi permettano di preparare la sera pensando a giorno dopo: nella credenza non devono mancare diversi tipi di cereali (e perchè no, anche il famoso tonno in vasetto di vetro nominato sopra), in frigo sono indispensabili pollo, formaggio magro come la ricotta e verdure, mentre il congelatore ci può aiutare con filetti di merluzzo e platessa, verduree legumi surgelati.
2. Pianificare i pasti
Ritrovarci all’ultimo momento, quindi al mattino appena svegli, a prepararci il pranzo non è l’idea migliore: la schiscetta perfetta richiede organizzazione! E l’organizzazione comincia dalla spesa settimanale. Nella lista della spesa devo annotare gli alimenti che vorrei consumare, tenendo conto anche dei pasti fuori casa.
Non necessariamente devo preparare ricette diverse ogni giorno. La sera prima, ad esempio, posso preparare una porzione in più di verdure per aggiungerla alla schietta, oppure se faccio la frittata posso rompere due uova in più per inserirla nel mio packed lunch. Suvvia, non è un male mangiare due giorni consecutivi lo stesso alimento, sfatiamo questo mito!
3. Condire al momento del consumo
Una piccola scorta in ufficio di ottimo olio extravergine di oliva, un boccettino di aceto di vino, sale, pepe, da utilizzare nel momento stesso del pasto, può aiutarci a mangiare le nostre verdure non afflosciate o inzuppate nell’olio dalla sera prima.
In ogni caso, cerchiamo di non abbondare con l’olio, perchè anche se ha antiossidanti e acidi grassi “buoni”, è pur sempre un grasso: se uno dei motivi per cui ci portiamo il pranzo da casa è tenersi in forma e controllare gli ingredienti, possiamo utilizzare il cucchiaio da minestra per misurare il condimento. Allora sì, che abbiamo una schiscetta perfetta!
Ecco alcune idee per creare i vostri packed lunch in modo equilibrato, senza annoiarsi e senza prendere sonno poi davanti al pc (ricordatevi di portare con voi anche della frutta fresca per la vostra merenda):
Cous cous con menta e ceci, e asparagi (+ 1 mela per lo spuntino)
Pollo al curry con riso basmati, e pomodorini (+ 2 kiwi)
Sgombro con patate, e fagiolini (+ 3 albicocche)
Insalatona di verdure miste, pane integrale e bresaola (+ 1 arancia)
Riso Venere con gamberetti e zucchine, e finocchi al vapore (+ 1 pera)
La tua schiscetta perfetta
Qual è il vostro ingrediente preferito, che non deve mancare mai per la vostra schiscetta perfetta?
Largo alla fantasia, e ai colori!
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Nel momento in cui si vuole stare attenti alla linea, il primo alimento che viene eliminato o, comunque sconsigliato, è la pizza, croce e delizia dell’alimentazione di noi italiani amanti dei carboidrati.
Questo succede perché la pizza fa ingrassare. Ma è proprio così?
La regina pizza.
Gli ingredienti della pizza
Per poter andare a ragionare su quanto possa incidere una pizza nella nostra dieta quotidiana, si deve partire dagli ingredienti.
Classicamente, l’impasto della pizza viene fatto con:
la farina (di tipo 0, 00 o integrale)
il lievito di birra
il sale
acqua q.b.
Il condimento, invece, è libero, e ognuno si sbizzarrisce in pizzeria a scegliere quello che più gli piace: dalla classica margherita con salsa di pomodoro e mozzarella, alla vegetariana con le verdure, dalla capricciosa con prosciutto cotto, carciofini, funghi e olive nere, alla boscaiola con soppressa e chiodini.
Ovviamente, a seconda dei condimenti che si vogliono utilizzare, le calorie cambiano, e anche di molto!
La pizza fa veramente male?
Le calorie della pizza
La pizza margherita, cioè la più semplice, apporta circa 270 Kcal per ogni 100 g: tenendo conto che questa stessa pizza pesa circa 300 g, si può calcolare rapidamente le calorie totali. Una pizza margherita così come ci arriva sul piatto in pizzeria contiene circa 800 Kcal.
E le altre pizze?
Di seguito vi elenco le calorie medie delle pizze più comuni riferite, sempre, a 100 g:
pizza bianca (senza pomodoro): 292 Kcal
pizza vegetariana: 300 Kcal
pizza quattro stagioni: 620 Kcal
pizza margherita con salsiccia: 650 Kcal
pizza ai 4 formaggi: 700 Kcal
Nelle pizze con formaggi e salumi, come si può ben immaginare, abbiamo un elevato contenuto di grassi, che mediamente si attesta attorno ai 20-25 g per ogni 100 g di pizza.
Ma allora la pizza fa ingrassare veramente? Messa sul piano delle calorie, infatti, sembra che la pizza sia un cibo assolutamente da evitare, soprattutto se si vuole perdere peso: in realtà, ogni tanto è possibile concedersi un’eccezione per soddisfare il palato e, perché no, lo spirito.
La pizza ingrassa? Dipende!
Accorgimenti per una pizza più “salutare”
Stiamo cercando di capire se la pizza fa ingrassare oppure no. Per non sentirsi troppo in colpa e per non veder lievitare il girovita, è possibile preparare una pizza più “salutare” seguendo alcuni piccoli accorgimenti.
1-Utilizzare farine integrali per l’impasto
Consumare alimenti ricchi in fibre e a basso indice glicemico aiuta a regolare i livelli di zucchero nel sangue e a garantire la sensazione di sazietà.
2-Ridurre il formaggio
Come detto prima, se utilizziamo i formaggi come condimenti, aumentano sia le calorie che i grassi totali, responsabili, tra gli altri, di aumentare il rischio di patologie cardiovascolari.
3-Aumentare le verdure
Un condimento ipocalorico e salutare può essere costituito dalle verdure (di solito vengono preferite melanzane, e zucchine grigliate), che aumentano la quota di fibra del piatto.
4-Diluire la frequenza
Quello che consiglio io è di non mangiare la pizza ogni settimana (tipica abitudine del sabato sera della famiglia media italiana), ma una volta ogni 15 giorni e…
…di non pesarsi il giorno dopo, perché 1 chilo in più è quasi scontato (anche se non di grasso ma di ritenzione idrica) !
Conclusione, la pizza fa ingrassare?
Allora, la pizza fa ingrassare o no?
La pizza è un ottimo piatto unico, completo perché contiene carboidrati, grassi e proteine, anche se da non consumare quotidianamente.
Naturalmente, è meglio scegliere una pizza semplice ed evitare aggiunte di formaggi o affettati: le migliori sono le pizze con le verdure, che completano il pasto con fibre, vitamine e minerali, abbassando il carico glicemico e saziando di più.
Possiamo dire che in assoluto non è vero che la pizza fa ingrassare, così come non lo si può dire di nessun altro alimento. Va sempre tutto contestualizzato, nella giornata, nella settimana, nel mese, anche in base alle esigenze e al dispendio energetico.
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Per avere ulteriori informazioni o una consulenza personalizzata, anche online, vi invito a contattarmi tramite mail al mio indirizzo personale: jessicadietista@gmail.com .
Gli asparagi, in latino Asparagus Officinalis, fanno parte della vasta famiglia delle Liliacee, che accomuna circa 1600 varietà di vegetali con particolari proprietà curative, tra cui l’aglio, la cipolla, il porro, l’aloe, ma anche fiori come il giglio, il tulipano, e il mughetto. Gli asparagi più conosciuti sono di colore bianco e verde (anche se esistono delle varietà violacee) e vengono raccolti generalmente nei mesi di marzo-aprile.
COSA CONTENGONO GLI ASPARAGI
Gli asparagi sono dei vegetali ipocalorici e vengono spesso consigliati a chi vuole perdere peso o in regimi dietetici controllati. Infatti sono composti per oltre il 95% da acqua. Il restante 5% è costituito da:
2% di zuccheri,
2% di proteine
solo lo 0,1% di grassi.
Gli asparagi contengono elevate quantità di vitamine, sia idrosolubili come la vitamina C e il gruppo B, sia liposolubili come la vitamina A ed E.
Per approfittare al massimo dei benefici e delle proprietà di queste vitamine sarebbe bene utilizzare gli asparagi a crudo, magari grattugiando le punte nell’insalata o centrifugando il gambo completo per ottenere il suo estratto liquido.
ASPARAGI PROPRIETA’
Antiossidante
Gli asparagi contengono una buona quantità di glutatione, un composto che riduce l’azione dei radicali liberi, rallentando quindi l’invecchiamento cellulare.
Manganese e vitamina A, inoltre, influenzano positivamente il funzionamento dei reni, dei legamenti e della pelle, proteggendola dagli agenti atmosferici e dall’inquinamento.
Digestiva
La presenza delle fibre negli asparagi aiuta ad aumentare la sensazione di sazietà e di mantenerla per più tempo e a regolarizzare l’intestino. Inoltre, le fibre rallentano l’assorbimento dei nutrienti, in particolare degli zuccheri: ecco perché gli asparagi sono consigliati anche per chi ha in diabete mellito tipo 2.
(Per saperne di più sulle proprietà delle fibre vi invito a leggere l’articolo specifico).
Prebiotica
Questi vegetali contengono un particolare tipo di fibra, l’inulina, che non viene digerita dal nostro corpo ma stimola la crescita dei batteri intestinale “buoni”. I batteri buoni trasformano le fibre prebiotiche in sostanze chimiche come il butirrato, che è un potente antinfiammatorio intestinale. L’inulina, quindi, promuove un microbiota più vario e sano. E, come spesso ricordo, un microbiota in salute è alla base della salute e della longevità dell’interno organismo (ossia del nostro corpo in toto).
Diuretica
Grazie all’elevato contenuto di saponine, di polifenoli e di minerali, nello specifico potassio e fosforo, stimolano la diuresi e sono un ottimo alleato contro la ritenzione idrica. Caratteristica molto nota è la “puzza” che assume la pipì già pochi minuti dopo aver consumato un piatto di asparagi: questo è dovuto alla presenza di un particolare aminoacido chiamato, appunto, asparagina.
L’Italia è la terza produttrice europea, solamente dopo la Spagna e la Francia, grazie ai suoi 5.500 ettari di terreno coltivato. A questo pregiato ortaggio sono stati dedicati ben 4 marchi, 3 IGP e un DOP.
A detenere il primato di regione più devota all’asparago è il Veneto, con l’Asparago Bianco di Bassano DOP, l’Asparago Bianco di Cimadolmo IGP, l’Asparago di Badoere IGP e molte altre altre specialità tradizionali. L’Emilia Romagna invece si aggiudica la quarta eccellenza con l’Asparago Verde di Altedo IGP.
Gli asparagi sono un prodotto molto versatile quando si tratta di utilizzarli in cucina.
Un abbinamento ideale dell’asparago è quello con le uova, siano esse cucinate all’occhio di bue o sode.
Ricette asparagi per secondi piatti.
Molto conosciuto, inoltre, è il risotto agi asparagi, presente in tutte le famiglie italiane e soprattutto venete nel periodo primaverile, preparato con le punte più morbide di questo ortaggio.
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Quando si vuole intraprendere un percorso alimentare per migliorare la propria condizione fisica e/o di salute spesso si è di fronte ad un dubbio amletico: quale figura professionale scegliere tra dietologo, dietista e nutrizionista? E che differenze ci sono? Proviamo a fare un po’ di chiarezza!
IL DIETOLOGO
Il Dietologo è un medico, con laurea in Medicina e Chirurgia, e specializzazione di 4 anni in Scienze dell’Alimentazione. Viene anche detto medico nutrizionista.
IL DIETOLOGO COSA FA
Rientra nella competenza del dietologo la valutazione clinica, la diagnosi, il trattamento e l’elaborazione delle diete, nonché la prescrizione di integratori e farmaci al bisogno.
Dietologo cosa fa.
IL DIETISTA
Il Dietista è un operatore sanitario individuato dal Decreto del Ministero della Sanità del 14 settembre 1994, in possesso della laurea triennale in Dietistica (L/SNT/3). Questa laurea fa parte delle lauree sanitarie triennali della facoltà di Medicina e Chirurgia e rientra nella Classe delle PROFESSIONI SANITARIE TECNICO-ASSISTENZIALE.
L’accesso al corso è a numero chiuso e prima della discussione della tesi è obbligatorio superare l’esame di stato che consente l’esercizio della professione.
IL DIETISTA COSA FA
Il dietista può svolgere numerose attività, che riguardano non solo l’elaborazione delle diete per soggetti sani e malati in ambulatori privati od ospedali, ma si estendono al controllo dell’igiene degli alimenti, all’educazione alimentare, alla ricerca scientifica, alla collaborazione con le industrie del settore alimentare, alla coordinazione di attività relative all’alimentazione nonché, all’insegnamento universitario delle scienze e tecniche dietetiche applicate, materia di studio del corso di laurea in dietistica, e del tirocinio triennale in qualità di tutor.
Il dietista non può fare diagnosi di malattia e nè prescrivere farmaci (integratori sì).
A partire dal 2018, con la Legge n.3/2018, cosiddetta Legge Lorenzin, è stato istituito l’Ordine dei TSRM e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (TSRM-PSTRP), a cui fa parte l’Albo dei Dietisti assieme ad altre 17 professioni sanitarie. Per esercitare la professione, è necessario essere iscritti all’Ordine.
Dietista cosa fa.
IL NUTRIZIONISTA
Il termine nutrizionistasta a indicare un generico operatore nel campo della nutrizione. In Italia non esiste nessuna precisa indicazione di legge per la generica figura del nutrizionista, tant’è che un parere del Consiglio Superiore di Sanità definisce nutrizionista “lo specialista dell’alimentazione umana di diversa estrazione professionale medica e/o non medica (biologo, agronomo, farmacista, veterinario, ecc)”. Da qui si evince che, da definizione, il termine nutrizionista si riferisce sia al medico nutrizionista o dietologo, sia al dietista, sia al biologo nutrizionista.
Solitamente, però, viene usato il termine nutrizionista per indicare il biologo nutrizionista.
Il biologo nutrizionista ha unalaurea in biologia (4 anni con il vecchio ordinamento, o 3 + 2 con la nuova riforma) e, per esercitare la professione deve aver superato l’esame di Stato ed essersi iscritto all’Albo dei Biologi.
IL NUTRIZIONISTA COSA FA
Il biologo nutrizionista può valutare i fabbisogni nutritivi ed energetici delle persone ed elaborare schemi dietetici ma non farmaci e, come i dietisti, lavorare nell’ambito dell’educazione alimentare e della ristorazione collettiva. Qualora la persona che si rivolge al biologo nutrizionista presumi o sospetti di essere affetta da qualche patologia, il biologo deve inviarla al medico perché accerti se il soggetto è sano o affetto da qualche patologia. Solo in quel momento potrò elaborare una dieta che ripristini il benessere della persona.
In realtà è molto difficile rispondere a questa domanda, proprio in virtù di quanto scritto sopra! Meglio scegliere un dietologo o un dietista? Meglio un biologo nutrizionista o un dietista?
A mio avviso, la scelta migliore non è scegliere un professionista in base al suo titolo di studio, bensì alla sua professionalità. È buona norma informarsi sull’esperienza e sulle modalità di lavoro del professionista, sulle sue capacità comunicative ed empatiche, sulla sua abilità di ascolto e di saper adattare “uno schema dietetico” allo stile di vita della persona.
La professionalità non la dà un titolo.
Attenzione! Non possono fare diete: personal trainer, estetiste, naturopati, farmacisti, coach del benessere.
La curcuma controindicazioni ne ha, non ne è scevra, come tutte le spezie e, più in generale, come tutte (o quasi) le sostanze naturali.
La curcuma è una tra le spezie più conosciute ed utilizzate, sia nel mondo orientale che in quello occidentale. In particolare, per secoli è stata (ed è tutt’ora) uno degli ingredienti fondamentali della cucina mediorientale e del sud-est asiatico: assieme a cardamomo e zenzero, ad esempio, la curcuma è ingrediente del curry, tipico condimento indiano.
Cos’è la curcuma
La curcuma è una pianta perenne spontanea dalle foglie larghe e dai fiori gialli. Anche se viene comunemente chiamata “zafferano d’India”, in realtà è originaria della Cina. La parte della pianta di curcuma che più spesso si trova nei supermercati e nei negozi è la radice, fresca o macinata, di colore arancione, che racchiude la maggior parte delle proprietà benefiche della curcuma.
Curcuma benefici
La curcuma è stata oggetto di numerosi studi scientifici negli ultimi anni, alcuni dei quali sono ancora in atto. Si cerca, infatti, di scoprire le proprietà benefiche di questa spezia che viene utilizzata nella medicina ayurvedica ormai da millenni.
Le proprietà benefiche della curcuma sono da imputarsi ad una particolare sostanza, detta curcumina, di cui è ricca la radice.
Curcuma controindicazioni e benefici.
Curcuma proprietà antitumorali
Proprio la curcumina sembrerebbe responsabile delle proprietà di prevenzione contro alcuni tipi di tumore legati all’apparato digerente (quali bocca, fegato e colon), ma anche dei polmoni, dei reni e della mammella. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Cancer Research, la spezia avrebbe un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel trattamento deltumore alla prostata. Si è inoltre constatato che l’effetto della curcumina è ancora più evidente se associata ad un isotiocianatopresente in verdure come il cavolo, i broccoli o il cavolo rapa.
Mi preme ricordare che gli studi sono ancora in corso e che la cautela deve essere molta.
Curcuma proprietà antinfiammatorie
La curcuma aiuta a ridurre i processi infiammatori presenti nel nostro corpo, soprattutto quelli in atto a livello delle articolazioni: per questo possiamo dire che può curare le artriti più leggere.
Curcuma proprietà antiossidanti
Questa spezia dal colore intenso ha proprietà antiossidanti, capaci di rallentare l’invecchiamento causato dall’azione dei radicali liberi.
Recenti studi hanno dimostrato che la curcuma è in grado di rafforzare il tessuto endoteliale (ossia il rivestimento dei vasi sanguigni), con conseguenti benefici per salute di cuore e apparato cardiovascolare.
Curcuma controindicazioni
Ci domandiamo: oltre ad avere tante proprietà benefiche, la curcuma ha controindicazioni? Possiamo consumarla liberamente o è meglio limitarne l’uso?
In realtà, come ogni alimento la regola fondamentale è la misura: assumere in maniera eccessiva la curcuma comporta la comparsa di problemi gastrointestinali, come dissenteria, nausea, meteorismo, ulcere.
Per cui la risposta alla domanda è sì, la curcuma ha controindicazioni, non solo proprietà benefiche.
Curcuma controindicazioni particolari
In particolar modo, è sconsigliata in presenza di patologie particolari, quali calcoli alla colecisti (o cistifellea) e problematiche alle vie biliari, ma anche in presenza di problemi ai reni e nella coagulazione del sangue.
Curcuma in cucina
Questa spezia dal sapore inconfondibile può essere utilizzata sottoforma di polvere per aromatizzare minestre, zuppe, primi piatti e verdure, ma anche carni e formaggi. Sottoforma di radice, invece, la curcuma può essere utilizzata per preparare infusi e tisane.
Le controindicazioni della curcuma sono legate alla frequenza e alla quantità di utilizzo.
Consigli per la conservazione: la polvere di curcuma va conservata in un vaso di vetro (preferibilmente non trasparente), in un luogo fresco ed asciutto, per preservare aroma e proprietà della spezia.
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