Secondo la mia esperienza, le carote, assieme alle zucchine, sono la verdura più consumata e apprezzata, da adulti e bambini.
Ma lo sapete che in origine non erano arancioni bensì viola??
Le carote moderne sono state domesticate e coltivate per la prima volta nell’altopiano iranico circa 5000 anni fa. Mentre le prime carote selvatiche che conosciamo in Europa sono bianche, le prime coltivate in quella regione erano viola o gialle.
Solo dopo diversi incroci si è arrivati a quelle arancioni, che in breve tempo divennero quasi le uniche ad essere mangiate in Europa.
Carote valori nutrizionali.
CAROTE VALORI NUTRIZIONALI
Per non fare troppa confusione, i valori nutrizionali che vi elenco saranno riferiti alle classiche carote arancioni o domestiche.
La carota domestica è una pianta biennale la cui radice si accresce sottoterra durante il primo anno, immagazzinando i carboidrati che serviranno alla pianta l’anno successivo.
I valori nutrizionali delle carote sono i seguenti:
Avete notato che le carote hanno un contenuto più elevato di zuccheri rispetto alla maggior parte delle verdure, ecco spiegata la loro dolcezza, che aumenta a mano a mano che le carote maturano.
A seconda della varietà, le carote assumono delle peculiarità:
le carote arancioni contengono betacarotene, che si trasforma in vitamina A nel nostro corpo;
le carote gialle contengono luteina;
le carote rosse contengono licopene (come il pomodoro);
le carote viola contengono antocianine (ed è il motivo per il quale hanno questa colorazione)
Carote valori nutrizionali e proprietà.
CAROTE PROPRIETA’
Antiossidanti
E’ stato scoperto che l’alfa carotene contenuto nelle carote protegge le cellule dai radicali liberi e dalla degenerazione senile, quindi le mantiene forti, vitali e giovani, a beneficio di tutti gli organi del nostro corpo.
Digestive
Verdura molto versatile, le carote sono utili in caso di problemi di stomaco e regolano le funzioni intestinali, agendo sia come antidiarroico che come lassativo.
Amiche della pelle
La vitamina A e gli antiossidanti (polifenoli e i flavonoidi) contenuti nelle carote, proteggono la pelle dai danni del sole, oltre al già citato invecchiamento cellulare. Mangiare carote, però, è importante perchè la carenza di Vitamina A può causare secchezza della pelle, dei capelli e delle unghie. Inoltre, sempre questa vitamina è in grado di prevenire la comparsa di rughe premature, dell’acne, della pelle spenta, delle macchie solari e del tono della pelle non uniforme.
Amiche degli occhi
La leggenda per la quale mangiare carote migliora la vista notturna ha radici lontane. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il governo britannico voleva spingere la popolazione a consumare più carote rispetto ad alimenti che scarseggiavano, perciò inventò la storia che il consumo di carote “speciali” aveva aiutato le truppe inglesi.
Mangiare carote non migliora la vista, però una carenza di vitamina A la peggiora (e la carote contengono carotene, precursore della vitamina A).
CAROTE RICETTE
Le carote sono molto consumate, hanno un prezzo basso e si adattano a ricette sia dolci che salate.
Vi lascio una ricetta semplice e rapida per fare il pieno di antiossidanti e aiutare il sistema immunitario: la vellutata di zucca e carote con zenzero.
Carote valori nutrizionali e proprietà nel piatto.
Per farla, bastano 500g di carote, 300g di zucca, un pezzettino di zenzero, acqua, sale e pepe a piacere.
Mettete in una pentola le carote e la zucca precedentemente pulite e pelate.
Aggiungete acqua fino a metà pentola, sale e pepe secondo il vostro gusto e fate cuocere a fuoco medio. Una volta giunti a cottura, frullate il tutto e tagliateci delle scaglie di zenzero. Per guarnire e aumentare l’assorbimento della vitamina A, aggiungete un cucchiaio di olio extravergine di oliva a crudo sul vostro piatto.
Fertilità maschile, se ne parla sempre troppo poco.
Circa il 15% delle coppie giovani non riesce ad ottenere una gravidanza entro il primo anno di tentativi: si parla allora di infertilità.
Le cause possono essere molteplici, ma spesso si tende a “dare la colpa” alla donna. In realtà, le cause sono sia a livello maschile che femminile, quasi al 50%.
Per quel che riguarda la donna, le cause più frequenti sono: l’età avanzata (che riduce la riserva ovarica di follicoli), le disfunzioni ormonali come la sindrome dell’ovaio policistico PCOS (che portano a deficit ovulatorio), le occlusioni tubariche da infezioni o endometriosi, ecc.
Ma cosa sappiamo sulla fertilità maschile?
Come per tanti argomenti di interesse scientifico, sono stati fatti alcuni studi anche sulla fertilità maschile.
Infertilità maschile: parliamone.
In particolare, uno studio inglese pubblicato sul Journal of Clinical Chemistry ha ipotizzato che infertilità e aborti spontanei ricorrenti possano essere collegati alla scarsa qualità dello sperma del papà.
Hanno analizzato lo sperma di 50 uomini appartenenti a coppie che si erano rivolte all’ospedale St. Mary di Londra e confrontato i risultati con quello di 60 volontari di coppie che non avevano sofferto il problema. I risultati dello studio hanno mostrato che gli uomini di coppie che avevano avuto aborti multipli avevano livelli doppi di danno al DNA. Tale danno, per i ricercatori, può essere scatenato da elevate concentrazioni delle cosiddette specie reattive dell’ossigeno, o radicali liberi, al cui aumento contribuiscono età, malattie a trasmissione sessuale e peso corporeo elevato.
Sovrappeso e malattie metaboliche influenzano la fertilità maschile
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il concetto di salute sessuale e riproduttiva come lo stato di benessere fisico, mentale e sociale correlato al sistema riproduttivo e alle sue funzioni.
Sono ben noti l’impatto dell’obesità e del sovrappeso sulla fertilità della donna, indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio. In realtà, l’aumento della massa ponderale (peso) influisce negativamente anche sulla qualità del liquido seminale, riducendo la fertilità maschile. Tutto questo è da attribuirsi all’alterazione del profilo ormonale associato all’aumento della massa adiposa (grasso), organo endocrino a tutti gli effetti, e all’alterata regolazione ipotalamo-ipofisi-testosterone.
L’alimentazione influisce sulla fertilità maschile.
Perchè l’obesità influisce sulle fertilità maschile?
Ci sono dati che dimostrano come la concentrazione di spermatozoi nei soggetti obesi sia ridotta addirittura ad un terzo rispetto ai soggetti normopeso. Quali meccanismi possono essere implicati?
insulinoresistenza, che causa iperinsulinemia a sua volta connessa con l’inibizione della spermatogenesi;
alterati livelli di testosterone con alte concentrazioni di estrogeni;
ipertermia scrotale, data dalla maggior presenza di grasso scrotale, che può peggiorare la qualità e la concentrazione del liquido seminale.
Strettamente correlato all’obesità è il Diabete Mellito, che ha un impatto negativo sulla qualità degli spermatozoi e sulla funzione erettile.
Sembra quasi che la natura selezioni, attraverso la riduzione della fertilità dei soggetti obesi, gli individui con migliori caratteristiche anatomiche legate alla composizione corporea, forse i più simili ai nostri antenati.
Stile di vita, alimentazione sana e fertilità maschile
Quindi, il ripristino, nei soggetti obesi o sovrappeso di un adeguato peso corporeo attraverso una corretta alimentazione, è da considerare il primo passo per la cura dell’infertilità.
Come influisce l’alimentazione sulla fertilità maschile.
In generale, modificare la propria alimentazione in modo equilibrato a favore di alimenti semplici, ricchi di fibre e poveri di zuccheri semplici, in associazione ad uno stile di vita salutare e attivo, può rappresentare un modo efficace per ridurre il grasso in eccesso. In particolar modo, è importante concentrare la propria attenzione su quegli alimenti ricchi di antiossidanti, frutta e verdura in primis (come la rucola), che difendono gli spermatozoi da additivi chimici, che ne alterano vitalità e motilità.
Se desideri prenotare invece una TELEFONATA CONOSCITIVA GRATUITA puoi cliccare il pulsante qui sotto. Ti basterà compilare il facile e veloce form per parlare direttamente con me.
Quali etichette nutrizionali possiamo usare per fare educazione alimentare?
Partiamo dal presupposto che il modo in cui il venditore comunica gli ingredienti sulla confezione di un prodotto è di grande rilevanza per la lettura, la comprensione e l’efficacia nello stimolare comportamenti nutrizionali corretti.
Riflettiamo, ora, su un dato emerso da una recente ricerca in materia (ricerca Nielsen, 2011), ossia che i consumatori hanno una limitata comprensione delle etichette nutrizionali: ben il 59% degli intervistati, infatti, ritengono di non comprendere le etichette nutrizionali dei prodotti che acquistano.
Lo sviluppo di etichette nutrizionali consumer-friendly potrebbe essere un efficace strumento di marketing sociale dal momento che i consumatori sono affamati di informazioni nutrizionali, specie se facili da comprendere.
Le etichette nutrizionali, infatti, dovrebbero essere chiare e comprensibili, per aiutare il consumatore che intende effettuare delle scelte alimentari e dietetiche più consapevoli, così come possono essere considerate un’importante strategia di promozione della salute.
Etichette nutrizionali nel mondo
Esistono diverse tipologie di etichette nutrizionali nel mondo:
etichette testuali (quelle che troviamo nei nostri supermercati),
etichette a semaforo,
etichette a stelle (modello americano e australiano),
etichette ad immagine.
Le etichette testuali prevedono la stesura degli ingredienti utilizzati in ordine decrescente (dall’ingrediente presente in misura maggiore a quello presente in tracce), nonché la tabella nutrizionali precisante la quantità di grassi, zuccheri, proteine e calorie presenti per 100g di prodotto (e, volte, anche per porzione di consumo consigliata).
TESTUALI
Etichette nutrizionali testuali.
A SEMAFORO
Le etichette a semaforo prevedono l’indicazione delle calorie del prodotto all’interno di una forma colorata in tre diverse tonalità alternative: rosso per il prodotto ipercalorico, arancione per un prodotto mediamente calorico e verde per un prodotto ipocalorico.
Etichette nutrizionali a semaforo.
A STELLE
Il formato icona con ranking prevede degli standard nutrizionali che un prodotto deve soddisfare per meritare una stella, ossia un punto. Il prodotto che soddisfa tutti gli standard nutrizionali richiesti riceve il numero massimo di stelle (3 o 5 a seconda del Paese).
Etichette nutrizionali a stelle.
A IMMAGINE
Le etichette a immagine, invece, prevedono l’impiego di silhouette maschili o femminili di massa corporea correlata alle calorie del prodotto. Nel caso di un prodotto ipercalorico, la silhouette associata ha una dimensione corporea maggiore rispetto a quella abbinata ad un prodotto ipocalorico.
Etichette nutrizionali a immagini.
Quali strategie adottare?
Diversi studi hanno dimostrato che le prime tre tipologie di etichette NON scoraggiano la scelta di prodotti ipercalorici (snack dolci e salati, ad esempio): in questo senso è molto più efficace l’etichetta ad immagine, in quanto evoca una risposta emotiva maggiore. Al momento non tutte le tipologie di etichette sono utilizzate in Europa e in particolare in Italia, come avete potuto notare facendo la spesa: a parer mio, però, integrare le “nostre” etichette testuali con quelle ad immagine potrebbe aiutare a capire come si può trasformare il corpo nel tempo se viene consumato abitualmente quel determinato tipo di alimento (anche se carente dei consigli per uno stile di vita attivo).
Vorrei aggiungere in queste conclusioni, un nuovo tipo di etichettatura che è al vaglio a partire dall’Unione Europea.
Molto discusso anche nei talk show e nei telegiornali, in quanto potrebbe rappresentare un ipotetico danno per i nostri prodotti Made in Italy, sto parlando del Nutri-score: un sistema di etichettatura degli alimenti sviluppato in Francia e pensato per semplificare l’identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare attraverso l’utilizzo di due scale correlate. Queste due scale sono una cromatica, divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, ed una alfabetica, comprendente le cinque lettere dalla A alla E.
A mio avviso è un etichettatura che dà un giudizio, un voto, più che dare informazioni sul prodotto, e finisce per discriminare i prodotti ricchi in grassi senza fare un distinguo tra grassi “buoni” e grassi “cattivi”.
Le leggi dell’UE non consentono di imporre il proprio sistema di etichettatura degli alimenti a titolo obbligatorio. Ciò nonostante, la UE propone un’etichettatura nutrizionale obbligatoria per tutta l’Europa entro il 2022 e Nutri-score è uno dei candidati. Vedremo cosa succederà e che decisioni verranno prese!
Se desideri parlare direttamente con me, puoi usufruire del servizio Telefonata Conoscitiva Gratuita, dove potrai espormi le tue problematiche relative all’alimentazione. Per prenotare, clicca sul pulsante qui sotto.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Evitiamo, invece, di fare del terrorismo semplicistico.
Esattamente un anno fa, l’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha classificato come cancerogene (gruppo 1) le carni processate, cioè quelle che sono state trasformate “attraverso processi di salatura, polimerizzazione, fermentazione, affumicatura, o sottoposte ad altri processi per aumentare il sapore o migliorare la conservazione” (insaccati, prosciutti, hamburger wurstel, salsicce, pancetta, carne in scatola, ecc.); la carne rossa, invece, è stata classificata come “potenzialmente cancerogena” (gruppo 2A).
Significa che tutta la carne fa male??
Gli studi che vengono fatti per poter catalogare il potere cancerogeno di numerose sostanze vengono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d’esposizione molto lunghe, difficilmente replicabili nella vita reale. Questo significa che è possibile che sostanze inserite nella lista 1 dello IARC siano cancerogene, ma non siano vietate poiché l’effetto dipende dalla dose.
Nel 2013, inoltre, sono stati pubblicati i risultati di uno studio di ampio respiro: il Progetto EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), promosso dall’Unione europea e dallo IARC condotto su oltre mezzo milione di partecipanti europei. Lo studio ha confermato un’associazione positiva tra consumo di carni lavorate e morti premature per malattie cardiovascolari e per cancro, soprattutto al colon-retto e al seno. Lo studio EPIC ha, però, anche dimostrato, di contro, che un consumo di piccole quantità di carne rossa ha effetti benefici per la salute, fornendo importanti vitamine e nutrienti specifici (in particolare ferro e vitamina B12).
Cosa sappiamo sulla carne?
L’effetto mutageno della carne rossa fresca è attribuito alla presenza del ferro EME (un potente ossidante) e alla capacità della carne in demolizione nell’intestino di produrre sostanze che modificano la composizione delle colonie di batteri che vivono nel nostro intestino. Nell’insieme, questi effetti sembrano avere un ruolo essenziale nella genesi del cancro del colon.
Il problema della “carne lavorata” non è la carne in sè, ma appunto la sua lavorazione. Sono le temperature molto alte e l’aggiunta di grassi che determinano il problema: studi dimostrato come i processi di lavorazione e conservazione aumentano la capacità delle carni di danneggiare la salute umana.
Ma la carne fa davvero male?
La carne fa male se in eccesso.
La carne fa male se cotta troppo?
La cottura della carne alla griglia ha molti vantaggi: le alte temperature “sterilizzano” la carne diminuendo il pericolo di contaminazioni da microorganismi e causano cambiamenti nella struttura chimica delle proteine aumentandone la digeribilità e il potenziale nutritivo. Tuttavia, nel processo si formano anche sostanze, come le ammine eterocicliche, potenzialmente tossiche e cancerogene.
Meglio, quindi, evitare una cottura eccessiva, rimuovere le parti nere e prediligere altre forme di cottura più sane come quella al vapore o in padella.
Cosa fare?
Lo IARC concluse il suo report affermando che il consumo al di sotto dei 500 grammi alla settimana non costituisce un pericolo per la salute.
Quindi, mi sento di dire che la regola da seguire è quella del buon senso e della dieta mediterranea: si può consumare carne rossa anche una volta alla settimana (a meno che non ci sia una familiarità per i tumori suddetti) ma saltuariamente gli insaccati, non dimenticandosi di altre fonti di proteine come pesce, uova, formaggi (limitatamente) e legumi. Indispensabile introdurre nella propria alimentazione verdure, frutta, cereali integrali ed olio (extravergine) d’oliva.
Stile di vita
Vorrei ricordare, infine, che i tumori sono malattie multifattoriali, per cui non è il singolo alimento a provocarli. Non è vero, quindi, che la carne fa male in assoluto e che provoca il cancro in assoluto. Conta molto la varietà dell’alimentazione e una buona idratazione nel contesto di uno stile di vita salutare con un’attività fisica costante e programmata e l’assenza del fumo.
Se desideri, puoi usufruire della Telefonata Conoscitiva Gratuita ed esporre le tue problematiche riguardanti l’alimentazione. Clicca sul pulsante qui sotto.
Se volete sapere che cos’è il tofu siete capitati nell’articolo giusto.
Spesso le domande che si sentono fare sono:
tofu cos’è?
a cosa assomiglia il tofu?
che ingredienti ci sono nel tofu?
come si produce il tofu?
come si mangia il tofu?
Proviamo a fare un pò di chiarezza.
Il tofu è un alimento vegetale molto consumato in varie nazioni dell’estremo oriente (dalla Cambogia al Vietnam, passando per Cina e Giappone) da centinaia di anni, ma fece la sua comparsa in Europa soltanto nel XVI secolo.
Ma che cos’è il tofu esattamente? Quali ingredienti lo compongono?
Il tofu è il risultato della cagliatura del latte di soia e le procedure di preparazione sono molto simili a quelle utilizzate per ottenere il formaggio dal latte vaccino. Il caglio utilizzato per la cagliatura può essere di vario tipo e sarà proprio la varietà scelta a determinare le caratteristiche organolettiche del prodotto finale: dal sapore all’odore alla consistenza, ma anche il contenuto, ad esempio, di calcio.
Per conservarlo, è necessario tenerlo in frigorifero, immerso in una ciotola colma di acqua da cambiare quotidianamente ed è di fondamentale importanza consumarlo entro una settimana circa.
Negli ultimi anni il tofu ha creato curiosità sia tra i consumatori (soprattutto chi ha desiderio di passare ad una alimentazione vegetariana o vegana, ma anche chi è curioso di sperimentare e di provare contaminazioni culinarie) sia nel mondo scientifico.
Vegetariani e vegani sanno che cos’è il tofu, e a loro piace molto anche per l’origine del termine tofu, che in giapponese significa “carne senza ossa“.
Tofu calorie
Il tofu deriva dalla soia, che è un legume, quindi è un alimento proteico, totalmente vegetale, non contiene colesterolo e i grassi presenti sono pressoché tutti insaturi.
Ma quante proteine ha 100 g di tofu ? Circa 8/10 g su 100 g di prodotto.
Tofu calorie esempio
Questo significa che il tofu può rappresentare un’interessante alternativa alle proteine animali di carne e formaggio ed aiuta ad abbassare il colesterolo e il rischio di aterosclerosi e ipertensione. Inoltre, contiene isoflavoni della soia, che aiutano a prevenire l’osteoporosi e a ridurre i sintomi della menopausa.
Il tofu non contiene glutine e ha un indice glicemico basso (15), perciò può essere consumato anche da chi soffre di celiachia e di diabete.
Che cos’è il tofu e come utilizzarlo nella preparazione dei vostri piatti.
Il tofu in cucina
Il tofu è un alimento molto versatile, in quanto ha un sapore neutro ed è in grado di assorbire i sapori degli alimenti con cui viene cucinato. Volendolo paragonare ai formaggi comuni, potrebbe ricordare un po’ un primosale.
Sapore del tofu
Il tofu può essere consumato sia cotto sia crudo, per creare condimenti o secondi piatti, ma anche nella preparazione dei dolci. Oltre al tofu neutro, in commercio si possono trovare numerose versioni aromatizzate (all’aglio, al basilico, al pomodoro, ecc), che rendono le preparazioni più invitanti ed appetibili.
Il tofu fresco, essendo tendenzialmente più morbido, è adatto alla preparazione di salse e condimenti, il tofu conservato è più adatto alla cottura. Lo si può cuocere alla griglia, insaporendolo o meno con qualche salsa, oppure versarlo a pezzetti nelle minestre. Ma anche farlo bollire o friggere (quest’ulima cottura, non troppo salutare).
Quando si parla di soia e derivati bisogna ricordare che è consigliato preferire la versione biologica, per evitare il rischio di incorrere in soia geneticamente modificata (OGM). In ogni caso, è bene non esagerare con il consumo di soia e derivati (e quindi anche del tofu), introducendo nella dieta quotidiana anche le forme più classiche di legumi, ad esempio fagioli, lenticchie, ceci, piselli e fave.
Ricordiamo che cos’è il tofu: un derivato della soia. Come si può dedurre, il tofu non può essere consumato da chi soffre di allergia alla soia ed è sconsigliato il suo consumo frequente anche per chi soffre di ipotiroidismo.
Se desideri prenotare una TELEFONATA CONOSCITIVA GRATUITA clicca il pulsante qui sotto, ti basterà compilare il facile e veloce form per poter parlare direttamente con me.